sabato 23 febbraio 2013

LA STORIA INFINITA


Cominciamo con il romanzo.
"La storia infinita”, di Michael Ende, viene pubblicato per la prima volta nel 1979.
È difficile recensire un libro del genere. È difficile per vari motivi. Primo, ha avuto un successo clamoroso. Secondo, ha dato origine a una trilogia cinematografica ben conosciuta (peraltro, solo parzialmente ispirata al romanzo). Terzo, dai più il libro è considerato un capolavoro.

Partiamo dalla storia, anche se grossomodo la conosciamo tutti. Bastiano Baldassarre Bucci è un ragazzo grassoccio ed emarginato. La sua vita è triste, soprattutto a causa della drammatica situazione familiare: la madre è morta, e col padre il rapporto è tutt'altro che sereno.
Un giorno Bastiano entra nella libreria dello scorbutico signor Coriandoli. Senza farsi vedere, ruba il libro “La storia infinita” e corre a scuola. Si rifugia in soffitta e comincia a leggere.
Nel libro si parla di un mondo, Fantàsia, in estremo pericolo: c’è un male oscuro (il Nulla) che lo sta divorando, male strettamente legato a un altro male, quello che sta uccidendo la reggente di Fantàsia, l’Infanta Imperatrice. 
L’unica possibilità di salvezza è riposta nel giovane Atreiu, il solo che possa sconfiggere il Nulla e quindi salvare il suo mondo. Proseguendo nella lettura, però, Bastiano si rende conto che c’è qualcosa di strano nel libro: a tratti, sembra parlare proprio di lui. Sarà lui, infatti, la vera chiave di volta della storia, l’unico in grado di strappare Fantàsia dalle propaggini di questa calamità.

Lati positivi. Alcune idee, contenute in questo libro, sono geniali. A partire dalla struttura. Anzitutto, ogni capitolo è numerato sia con cifre romane che con le lettere (26) dell’alfabeto tedesco. Poi, nella sua versione originale, il libro era stampato in due colori: uno per il mondo reale, l’altro per il mondo di Fantàsia. Ma questa caratteristica, purtroppo, è andata persa con le edizioni successive. Inoltre, questo romanzo è un meta-meta-libro. Infatti, “La storia infinita” è, rispettivamente, il titolo del libro (che noi leggiamo), il titolo del romanzo rubato (che Bastiano legge) e il titolo del libro del Vecchio della Montagna Vagante, una sorta di memoria storica di Fantàsia, che scrive un libro identico a quello di Ende.

“La storia infinita” ha, poi, un’altra caratteristica: è un romanzo di formazione. Il protagonista-lettore diventa protagonista-personaggio della storia da lui letta. Attraverso varie fasi – timidezza, coraggio, delirio di onnipotenza e infine saggezza – Bastiano cresce all’interno del libro, trovando poco alla volta il suo vero io. Ci sono, a mio avviso, alcune intuizioni dell’autore di un’originalità tale da fare accapponare la pelle. Basti pensare alle basi sulle quasi si regge l’esistenza stessa di Fantàsia: i sogni dimenticati degli uomini.

Apprezzabile è anche il concetto di desiderio: quando Bastiano entra nella storia, si tramuta in una sorta di signore onnipotente, nel senso che ogni cosa da lui desiderata si realizza. Ma non in modo così semplice:  ogni storia da lui plasmata, nel momento in cui viene desiderata, è già da sempre esistita. Poi, per ogni elemento che si aggiunge (un desiderio) ci deve essere un elemento che si toglie (un ricordo).
In sintesi, alle fondamenta del romanzo ci sono idee e intuizioni da trenta e lode.
Ma a fronte di tutto questo, almeno per me, risaltano un po’ di aspetti negativi. Primo, non ho apprezzato molto lo stile: ridondante, lento, descrittivo oltre ogni misura. Intere pagine fitte di descrizioni e orpelli inutili, monoblocchi di parole che scoraggerebbero molti lettori. Secondo: la lunghezza. Questo libro, dopo un po’, stanca. Sì, è zeppo di belle idee, ma sarebbe potuto finire duecento pagine prima. A un certo punto, il moltiplicarsi di esseri bizzarri e creature mostruose, di ambientazioni fantastiche e avventure occulte, diventa estenuante. La fantasia dell’autore corre a ruota libera, sembra un treno fuori giri che spesso perde di vista la destinazione.
Insomma, mi è piaciuto “La storia infinita”? Sì e no. Forse, se l’avessi letto da adolescente, l’avrei apprezzato di più. Tant’è che l’ho trovato, da un lato, originale e ingegnoso, dall’altro lento e pesante. Tuttavia, è una lettura che consiglio.



Passiamo al film.
Come ha giustamente detto il mio amico Andrea Franco, se cinque su dieci hanno letto il libro "La storia infinita", dieci su dieci hanno visto il film. La pellicola risale al 1984, per la regia di Wolfgang Petersen. Chi è della mia generazione, ma forse anche della precedente, serba un ricordo indelebile di questo film. Un ricordo imbevuto di mistero e poesia, che avvolge come una melassa idiliacca le immagini che sbiadiscono nel tempo. Rivedere "La storia infinita" adesso, quando l'adolescenza è solo un ricordo, non ne mette in evidenza l'ingenuità, quanto, al contrario, la bellezza.
Il guerriero Atreiu viene interpretato dal giovane Noah Hathaway, che riceve un Saturn Award come miglior attore emergente, mentre un Barret Oliver molto coinvolgente nella parte del protagonista riceve una nomination come miglior attore giovane agli Young Artist Award del 1985. Al di là delle interpretazioni personali, è il film che riceve un'ottima risposta, sia di pubblico che di critica.
Nonostante la furibonda reazione iniziale di Michael Ende, il mio parere personale è che il film sia di tutto rispetto, in molti punti addirittura superiore al libro. Sì, perché quelli che nel romanzo sono concetti dilatati e portati all'estremo, spalmati su pagine e pagine di vicende talvolta farraginose, nel film sono concentrati in modo lucido e sapiente.

Non va dimenticato un particolare.
Il film "La storia infinita" (1984) traspone sul grande schermo solo una parte del libro omonimo. Quantificando: poco meno della metà. Ma molti dei concetti espressi sono i medesimi, anche se alcune vicende hanno subito delle metamorfosi. Per esempio, il Vecchio della Montagna Vagante qui manca del tutto, e sarà presentato solo nel terzo film. Al di là di questo, non si può negare che, forse, gli occhi dell'adolescente di oggi, smaliziato dalle scenografie mirabolanti de "Il signore degli anelli" e dalle invenzioni originalissime alla "Harry Potter", possano guardare con un pizzico di sufficienza a una pellicola del genere.
La scena in cui Atreiu incontra Mork (una sorta di lupo mannaro) può far affiorare alle labbra un sorriso indulgente: che si tratti di un pupazzo, nemmeno fatto tanto bene, è palese.
Ma il sorriso scompare, non appena si presta attenzione a quello che il lupo ha da dire. Quando il giovane guerriero gli chiede dove possa trovare i confini di Fantàsia, la belva spiega che il loro mondo non può avere confini.

"Fantàsia è il mondo della fantasia umana. Ogni suo elemento, ogni sua creatura scaturisce dai sogni dell'umanità. Quindi Fantàsia non può avere confini".

Ma l'apice del concettualismo lo si raggiunge poco dopo, quando Mork (che peraltro nel film si chiama Gmork) spiega cos'è il Nulla.

Atreiu: Perché Fantàsia muore?
Gmork: Perché la gente ha rinunciato a sperare. E dimentica i propri sogni. Così il Nulla dilaga.
Atreiu: Ma che cos'è questo NULLA?
Gmork: È il vuoto che ci circonda. È la disperazione degli uomini che distrugge il mondo. E io ho fatto in modo di aiutarlo.

Atreiu: Ma perché!?
Gmork: Perché è più facile dominare chi non crede in niente ed è questo il modo più sicuro di conquistare il potere.


Questo scambio di battute è di una grandezza disarmante.
Non ho trovato altro modo contemplarlo, se non quello di riportarlo per intero. Qui il film tocca l'apice, e le filosofie alla base del romanzo di Ende raggiungono il loro Gotha.
La fantasia come unica arma di lotta, la creatività e i sogni come sola linfa vitale. Il mondo muore perché la gente ha smesso di sognare. Non è una morte metaforica o pleonastica, è una morte fisica. Il Nulla è una distruzione progressiva, un buco nero che ingloba ogni cosa.
Concetti così generali da potersi applicare a qualsiasi cosa. In questo periodo (febbraio 2013) siamo, peraltro, in piena campagna elettorale. Cosa c'entra con "La storia infinita"? Forse niente, ma se penso che Gmork dice che "è più facile dominare chi non crede in niente", allora un brivido mi corre lungo la schiena.

Da molti anni voci di corridoio annunnciano un rifacimento di questo film, ma per adesso niente è sicuro. Forse perché la pellicola del 1984 piace a tutti così, con le sue imperfezioni e la sua poesia.
In verità, come accennavo all'inizio, di Storie Infinite ne sono state girate altre due: una risalente al 1990 e un'altra al 1994. Ma questa, come direbbe Michael Ende alla fine di ogni capitolo, “è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta”.




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