venerdì 26 ottobre 2012

IL CIGNO NERO

Il primo film di cui voglio parlare, nell’ambito della rubrica Recensioni Positive, è “Il cigno nero” (2010). Partiamo da una premessa: usare una passione artistica o sportiva in una pellicola impegnata nell’introspezione psicologica non è facile.
Molti esperimenti cinematografici, più o meno riusciti, hanno portato le produzioni Hollywoodiane a capire quali sono i settori artistico/sportivi in cui un film impegnato può funzionare o meno. Pensiamo al pugilato, settore nel quale ha imperato per anni la saga di “Rocky”. Poche sono state, in questo ambito, le pellicole di un certo spessore (su tutti, “Toro Scatenato”). Oppure pensiamo al calcio, terreno fertile per film assolutamente mediocri e standardizzati, dai quali si distinguono solo pochi esperimenti (come “Fuga per la vittoria”). E infine citiamo la danza, settore che negli scorsi decenni ha portato a sfornare una serie di film tutti uguali, tutti banali. Pellicole che girano intorno allo stesso schema narrativo praticamente all’infinito, condendo con spezie diverse una minestra sempre uguale, riscaldata, stantia.
Ma è proprio nell’universo del balletto, frequentato poco e male dal cinema, che è ambientato “Il cigno nero”, piccolo gioiello di regia e recitazione che si solleva dal piattume imperante di pellicole siamesi.
Il regista del film usa la danza come strumento per veicolare le emozioni dello spettatore in un torbido viaggio nella psiche di una ballerina. E la ballerina, in questo caso, è una stratosferica Natalie Portman, che per questa interpretazione si porta a casa un Oscar come miglior attrice protagonista.
Il "lago dei cigni", in questo film, non è un balletto, ma un'idea, una faida tra il cigno bianco e il cigno nero. La separazione manichea del nostro lato buono da quello cattivo trova consacrazione in una danza struggente e perfetta. Stephen King la chiamerebbe "metà oscura", George Lucas parlerebbe di "lato chiaro" e "lato oscuro" della Forza. Il concetto è uno solo: la dualità.
E questa dualità trova magnificenza in Natalie Portman, ballerina insicura e autolesionista, soffocata da una madre in perenne apprensione. Natalie Portman come Giano bifronte, come un Caronte che ci traghetta, lentamente, sulla sponda della pazzia. "Black Swan" è la discesa in un inferno allucinante, generato e contaminato da una fame spasmodica, quella diretta all'affermazione di sé. Vincent Cassel interpreta il direttore artistico Leroy, che fa di tutto per spronare la ballerina protagonista a esprimere le proprie potenzialità, a liquefarsi da cigno bianco per ricostruirsi come cigno nero. Ma lui non sa, o forse ha dimenticato, quali potenze negative può scatenare il continuo stupro mentale. Lui non sa, o forse ha dimenticato, quanto possa essere allettante abbandonarsi al proprio lato oscuro.

Il film ha ricevuto molte critiche negative, in quanto dipingerebbe un quadro esasperato e poco veritiero della danza. In parte è vero: a volte Darren Aronofsky, il regista, esagera, muovendosi pericolosamente lungo lo spartiacque che separa il thriller dall'horror. E lo fa soprattutto là dove ha gioco facile, passeggiando su un terreno foriero di ambiguità e scoperte al cardiopalma, come può essere quello dell'alienazione mentale. Nonostante le volute esagerazioni della pellicola, le scene si affastellano in un delirio parossistico, che con sapiente gestione della trama e degli effetti visivi, conduce lo spettatore verso l'unica coerente conclusione.
Film da vedere, non da soli.

VOTO: 8

venerdì 19 ottobre 2012

Recensioni Positive: IL BOIA DI PARIGI



A partire dal 13 ottobre 2012, potete trovare in tutte le edicole “Il boia di Parigi”, il primo albo di una nuova collana editoriale varata dalla Sergio Bonelli Editore: Le Storie.



Fantasia e fumetti d'autore, ricerca storica e introspezione psicologica. È questo il cuore di questa nuova avventura editoriale: dare ai migliori sceneggiatori e disegnatori italiani carta bianca, per poter esprimere, in albi da 114 tavole, tutta la loro creatività, spaziando dallo storico all’avventuroso, dal fantasy al thriller.

E l’onere di inaugurare questo nuovo esperimento tocca alla eclettica Paola Barbato, sceneggiatrice e scrittrice di fama, che ci sorprende con un bellissimo e cupo affresco storico. “Il boia di Parigi” è un tuffo nel cuore della rivoluzione francese, un’indagine acuta e disillusa su un evento che ha cambiato le sorti dell’Europa, e forse del mondo. Ma l’originalità del fumetto sta soprattutto nel punto di vista da cui osserviamo il dispiegarsi della rivoluzione: gli occhi sono quelli di Charles-Henri Sanson (1739-1806), il boia.

Sulla vita di questo dispensatore di morte si sa, al contempo, molto e molto poco: talune delle fonti giunte fino a noi sono state giudicate, nel corso degli anni, poco attendibili. Ed è in questi buchi narrativi lasciati dalla Storia che Paola Barbato scrive la sua storia. Il fumetto striscia negli interstizi lasciati vuoti dalle testimonianze, per offrirci il triste ritratto di chi, per mestiere, è costretto al ripetersi quotidiano del gesto estremo: uccidere.
Ma il personaggio che ci viene restituito da “Il boia di Parigi”, attraverso le parole della Barbato e i suggestivi disegni di Giampiero Casertano, non è quello di un sanguinario assassino, ma di un dignitoso curatore di anime. Un araldo della Morte, fermo nelle sue intenzioni e irremovibile nel suo compito: quello di conservare, intatte, l’umanità e la dignità di chi sta per morire, per quanto attorno a lui la folla inferocita possa esigere il proprio tributo di sangue.

VOTO: 8,5

giovedì 4 ottobre 2012

È uscito Knife 5

Io l'ho acquistato cartaceo, perché quando leggo che all'interno ci sono due storie a fumetti, un articolo su "Watchmen" e uno speciale sull'ultimo romanzo ispirato a Batman... be', bando alla modernità, io non lo scarico, ma lo compro in formato vecchio stampo. E voi?

Dal sito di Nero Cafè:
È ufficiale.
Il nuovo numero di Knife è online.
Abbiamo già detto che in questo numero troverete uno speciale dedicato al mondo dei fumetti, con due storie illustrate, una ideata da Stefano Fantelli, l’altra da Gianfranco Staltari. Che Craig Clevenger, autore de Il manuale del contorsionista e Dermaphoria, si è concesso alle domande di Luigi Bonaro, sviscerando se stesso fino a svelare la propria genesi come autore. Che abbiamo, tra i racconti, una chicca a firma Ambrose Bierce, tradotta da Armando Rotondi e una perla di Alda Teodorani. Che la cover è stata realizzata da Enzo Rizzi (di cui trovate anche un’imperdibile intervista).

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